Alarm Phone nel Mediterraneo Centrale

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Questo articolo è apparso originariamente in “Dal mare alle città – 5 anni di Alarm Phone

Foto: Fabian Heinz / sea-eye.org

Oggi la situazione nel Mediterraneo Centrale è radicalmente differente rispetto a quando abbiamo iniziato il progetto di Alarm Phone, cinque anni fa. Il numero di persone che hanno raggiunto l’Italia via mare nel 2014 è quadruplicato rispetto all’anno precedente, contando circa 170.000 arrivi. Quando nell’ottobre di quell’anno la missione militare-umanitaria di soccorso si stava concludendo, molte persone hanno iniziato a chiamarci perchè si trovavano in situazioni di pericolo in mare. Il vuoto lasciato dalle operazioni di soccorso non è stato infatti colmato. Al contrario, con l’operazione Triton di Frontex e l’operazione militare Eunavfor Med, le istituzioni europee e gli stati membri hanno messo in atto misure volte a scoraggiare i migranti dal mettersi in viaggio verso l’Europa. Le politiche in questo senso hanno però avuto scarso successo.

Le traversate sono continuate per molti anni (in Italia sono arrivate 154.000 persone nel 2015, 181.000 nel 2016, 119.000 nel 2017) in cui è stato cruciale l’intervento dei soccorritori umanitari nella zona di confine più mortale al mondo. Qualcosa è cambiato dopo il 2017 in seguito al “memorandum of understanding” concluso tra il governo libico supportato dalle Nazioni Unite e l’Italia. La cosiddetta guardia costiera libica – formata, finanziata ed equipaggiata dagli alleati europei – ha lanciato una campagna di intercettazioni di massa in mare, con l’obiettivo di riportare migliaia di persone in transito in centri di detenzione disumani istituiti in una zona in guerra – la Libia. A conseguenza di ciò, gli arrivi in Europa sono diminuiti drasticamente nel 2018, anno in cui 23.000 persone hanno raggiunto le coste europee, un quinto rispetto all’anno precedente. Questo calo continua tutt’oggi: a metà agosto del 2019, infatti, si contavano solo 5.300 arrivi in Europa attraverso la rotta del Mediterraneo centrale.

Alarm Phone è stato testimone diretto di questi cambiamenti. Le chiamate da imbarcazioni in pericolo in questa regione sono passate dall’essere una ogni tre o quattro giorni nel 2015, ad una ogni sei giorni nel 2016, fino a contare una chiamata ogni due settimane nel 2017 e 2018. Nonostante le chiamate siano diminuite, Alarm Phone non è mai stato contattato da così tante persone in fuga dalla Libia. Al primo di settembre del 2019 siamo stati chiamati da diverse imbarcazioni con a bordo un totale di 3.500 persone, ovvero un quarto di quelli che hanno tentato di raggiungere l’Europa dalla Libia dall’inizio dell’anno.

Le statistiche danno solo un’idea generale della tragicità di questa situazione, ma non permettono di comprendere il dramma di ogni singolo caso. Ci sono stati episodi in cui le persone sono state respinte verso la Libia dopo essere state soccorse, come il caso della nave mercantile “Lady Sham” nel gennaio 2019, i cui naufraghi sono stati portati in centri di detenzioni libici, da dove sono rimasti in contatto con Alarm Phone. A volte non siamo riusciti a ricontattare le persone che ci avevano chiamati, come le 50 persone che ci hanno contattati lo scorso primo aprile e che non sono mai state trovate. In altri casi invece eravamo a conoscenza della posizione GPS delle imbarcazioni in pericolo, addirittura tracciata da una scia di fumo lasciata da un aereo militare europeo, ma invece che essere soccorse e aiutate a raggiungere l’Europa, le persone sono state intercettate dalla cosiddetta guardia costiera libica giorni dopo, il 10 aprile.

Siamo anche stati coinvolti in situazioni in cui una catena di solidarietà da parte di attori civili ha evitato morti o respingimenti, come il caso del 3 aprile di quest’anno, quando, dopo averci contattati, 64 persone sono state soccorse dalla nave Alan Kurdi di Sea Eye. Allo stesso modo il 4 luglio, dopo essere sopravvissute a una notte in mare, 54 persone ci hanno chiamati e sono state poi soccorse dalla nave Alex di Mediterranea. Tra il primo e il 10 agosto tre barche ci hanno allertati e sono state salvate da Open Arms. Il 9 agosto, invece, 80 persone in pericolo che avevano chiamato Alarm Phone sono state poi soccorse dalla nave Ocean Viking di SOS Mediterranée.

La flotta umanitaria si è ridotta notevolmente negli ultimi anni. I costanti tentativi da parte delle istituzioni e degli stati membri dell’UE di ostacolare e persino criminalizzare il lavoro dei soccorritori civili hanno avuto delle ripercussioni significative. Durante gli ultimi mesi, quasi tutte le operazioni di salvataggio da parte delle ONG sono state rallentate e ostacolate dalla politica dei porti chiusi che ha costretto le navi delle stesse ONG ad attendere per settimane al di fuori delle acque territoriali, vedendo il proprio equipaggio indagato in seguito allo sbarco. Queste strategie sono volte ad impedire il ritorno delle ONG nel Mediterraneo centrale, per evitare che diventino testimoni di come l’Europa ha trasformato questo spazio in un cimitero a cielo aperto. Nonostante sia diventato necessario lottare per ogni salvataggio, e nonostante ogni equipaggio rischi di essere perseguito legalmente, la solidarietà in mare continua imperterrita. Nel 2018 sono state lanciate nuove operazioni da parte della Mare Jonio e dell’Alex di Mediterranea, e nel 2019 dalla Ocean Viking di SOS Mediterranée, mentre i velivoli di ricognizione non governativi Moonbird e Colibrì continuano le loro operazioni di controsorveglianza del mare.

Non possiamo poi dimenticare i protagonisti fondamentali di queste traversate: i migranti. Nonostante i vari modi in cui l’Europa cerca di rafforzare e militarizzare i propri confini, le persone continuano a lottare per muoversi. Cercano continuamente nuove rotte per raggiungere l’Europa via mare e dispiegano una grande varietà di tattiche per aggirare l’apparato di deterrenza europeo. Anche i trafficanti si adattano agli sviluppi e ai cambiamenti nel Mediterraneo. Negli ultimi mesi sempre più imbarcazioni hanno raggiunto le aree SAR europee, arrivando addirittura in Italia o Malta autonomamente. Questi casi non vengono generalmente riportati dai media internazionali.

In particolare dalla fine di maggio si è verificato un aumento delle imbarcazioni di migranti in arrivo nella zona SAR maltese. Questo evidenzia che le persone in fuga sono consapevoli di dover coprire distanze molto più lunghe al fine di evitare di essere intercettate e riportate in Libia. Il 24 maggio, ad esempio, le forze armate di Malta hanno salvato 216 persone da due gommoni che erano entrati nella zona SAR maltese. Dieci giorni dopo, altre imbarcazioni hanno raggiunto questa zona SAR e 370 persone sono state soccorse a Malta tra il 5 e il 6 giugno. A maggio e giugno anche il numero di arrivi autonomi di imbarcazioni di migranti in Italia e Malta è aumentato notevolmente. Secondo alcune stime 115 persone hanno raggiunto l’Europa lungo questa rotta a marzo, 142 ad aprile, 295 a maggio e addirittura 596 a giugno. Ciò significa che durante gli ultimi otto mesi 1.148 persone hanno raggiunto l’Europa via mare senza essere state soccorse.

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🆘dans l'Atlantique ! Nous avons été informé.e.s d'un bateau en détresse avec 84 personnes parti le 06/12 de #Nouadhibou en #Mauritanie. Nous avons informé les autorités et nous demandons d'urgence des secours !

🆘in the Atlantic! We were informed to a boat in distress with 84 people that left on 06/12 from #Nouadhibou in #Mauritania. We informed authorities and we urgently ask for rescue!

⚫️#Naufragio en el #MedOccidental !11 personas salieron del norte de #Marruecos el 26 Nov. 2 personas llegaron a #Almeria mientras 9 personas siguen desaparecidas. Mandamos solidaridad y fuerza para las personas que siguen sin noticias de sus seres queridos. #LasFronterasMatan

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