Quattro naufragi in una settimana in Libia

Versione italiana a cura di/Italian translation by: MEDITERRANEA Saving Humans.
Grazie agli amici di Mediterranea Saving Humans per aver tradotto il nostro rapporto in italiano: https://mediterranearescue.org/news/quattro-naufragi-libia-alarm-phone/

 

 

“FUGGIREMO DALLA NOSTRA CASA, ANDREMO IN ESILIO, MA LA MIGRAZIONE È CRUDELE, È INSOPPORTABILE! SI PRENDERÀ INEVITABILMENTE LE NOSTRE ANIME”

– Abdel Wahab Latinos

 

Questa è l’ultima poesia scritta dal poeta sudanese Abdel Wahab Latinos prima di perdere la vita in mare, insieme ad altre 44 persone, morte durante un terribile naufragio il 16 agosto scorso. Queste parole, il suo nome, la sua immagine sono dettagli rari che emergono da quel buco nero che è il Mediterraneo. Troppo spesso è impossibile recuperare informazioni su coloro che muoiono qui, che scompaiono, i loro nomi, i loro volti. Come se il destino di chi tenta di attraversare il Mediterraneo non avesse importanza. Come se non importasse che avvengano uno, due, cinque naufragi.

Foto: Abdel Wahab Latinos

Tra il 13 e il 20 agosto, i nostri telefoni hanno suonato di continuo: in totale, quasi 900 persone su 14 diverse imbarcazioni hanno chiamato Alarm Phone la scorsa settimana. Circa 100 di loro sono stati riportati in Libia, più o meno 540 persone hanno raggiunto l’Europa. Più di 100 persone sono morte o sono scomparse, mentre il destino di altre 160 persone resta un mistero. Siamo stati inoltre contattati dai parenti di altre 200 persone che si trovavano su 5 altri natanti che hanno cercato di raggiungere l’Europa, ma non hanno chiamato Alarm Phone mentre erano in difficoltà.

Negli ultimi giorni ci hanno contattati parenti, amici e sopravvissuti. È diventato quasi impossibile tenere il passo con il flusso di informazioni che abbiamo ricevuto sui molteplici naufragi avvenuti al largo delle coste libiche la settimana scorsa.

Dopo giorni passati a raccogliere le testimonianze dei sopravvissuti, a parlare con i parenti delle persone scomparse e a verificare tutte le informazioni che avevamo raccolto sulle imbarcazioni in pericolo, possiamo ora confermare che tra il 17 e il 20 agosto appena trascorsi si sono verificati almeno quattro naufragi nel Mediterraneo Centrale. Da allora, diversi corpi sono stati trasportati a riva sulle coste del Mediterraneo.

Tutti questi naufragi avrebbero potuto essere evitati. In due casi Alarm Phone aveva avvisato direttamente e tempestivamente le Autorità, ma queste si sono rifiutate di intervenire e hanno lasciato morire la gente in mare.

Il primo naufragio, avvenuto tra il 16 e il 17 agosto, non è stato un semplice naufragio. Un gruppo di 5 uomini ha sparato alle persone a bordo e la loro barca ha preso fuoco. Quarantacinque persone hanno perso la vita. Quelli che sono sopravvissuti sono vivi solo perché soccorsi da un pescatore locale. Contrariamente a quanto riportato dall’UNHCR e dall’OIM, la barca era in mare dal 15 agosto. Avevano contattato più volte Alarm Phone nel pomeriggio di quel giorno, come abbiamo reso noto nel nostro ultimo comunicato. Avevamo segnalato che vi erano 65 persone a bordo, ma nelle testimonianze successive i sopravvissuti hanno detto che ce n’erano 82, invece. Abbiamo allertato tutte le autorità, ma nessuno è andato a salvarli.

 

“GLI EUROPEI LASCIANO CHE LE PERSONE AFFOGHINO O CHE VENGANO RIPORTATE IN LIBIA, PERCHÉ PER LORO È FACILE”. 

“NON POSSO CREDERCI. NON POSSO CREDERE A QUELLO CHE CI È SUCCESSO. LA BARCA È AFFONDATA E C’ERA FUOCO DAPPERTUTTO! NON  È VENUTO NESSUNO! QUALCHE NAVE AVREBBE POTUTO SALVARCI! MA NON È VENUTO NESSUNO. GRAZIE AL PESCATORE CHE CI HA SALVATI, SIAMO ANCORA VIVI”.

– Sopravvissuti al naufragio del 16/17 agosto

 

Molti dei sopravvissuti sono stati successivamente messi in carcere, altri sono stati liberati, ma hanno ancora bisogno di cure mediche urgenti perché hanno subito gravi ustioni nell’incendio che ha inghiottito la loro barca (si vedano anche i report di Annalisa Camilli e di Nello Scavo).

Il secondo naufragio è avvenuto appena un giorno dopo. A bordo c’erano circa 95 persone, di cui solo 65 sopravvissute. Erano a bordo di un gommone bianco e la mattina del 18 agosto hanno chiamato Alarm Phone. Mentre eravamo al telefono, è scoppiato un tubolare.

Dopo, il silenzio. Abbiamo provato a contattare la barca per altri due giorni, ma nessuno ha risposto al telefono. Abbiamo provato a mobilitare per un’operazione di soccorso da parte delle guardie costiere libica, italiana e maltese, ma nessuno è intervenuto. Un pescatore alla fine ha salvato i 65 sopravvissuti il 19 agosto, ma più di 30 persone sono state dichiarate disperse.

Presentiamo qui di seguito una cronologia dettagliata di questi primi due naufragi, le due imbarcazioni con le quali Alarm Phone era in contatto. Di seguito, presentiamo un rapporto su altri due naufragi che abbiamo appreso essersi verificati la settimana scorsa.

Questi due ulteriori naufragi sono stati segnalati a Alarm Phone, anche se le persone in difficoltà non ci hanno chiamato direttamente dal mare.

Il primo di questi, un terzo naufragio è stato segnalato da quello che si ritiene essere l’unico superstite che si trovava a bordo di una barca in legno con 40 persone a bordo. Secondo la sua testimonianza, la barca è affondata al largo della costa libica il 15 agosto, e sono tutti annegati. È stato salvato da un pescatore.

Un quarto naufragio, avvenuto il 18 agosto, è stato segnalato al largo della Tunisia. Diciotto persone hanno lasciato Jdareya, 3 sono annegate e 15 sono state salvate dalla guardia costiera tunisina, vicino alle coste di quel Paese.

Le ricostruzioni che seguono raccolgono le testimonianze dei sopravvissuti e le azioni intraprese da Alarm Phone per sostenerli quando erano in difficoltà.

Questi eventi mostrano ancora una volta che la cosiddetta Guardia costiera libica è spesso pronta a catturare le imbarcazioni dei migranti prima che raggiungano le zone di ricerca e soccorso di competenza europea (SAR), o addirittura a condurre azioni illegali di respingimento dalla zona SAR maltese. Tuttavia, si rifiutano di intervenire quando viene chiesto loro di salvare le persone che stanno affogando al largo delle loro coste. Non è un caso che i naufragi più letali di quest’anno siano avvenuti proprio al largo della costa libica, tra cui quello del 9 febbraio, dove 91 persone hanno perso la vita, e quello al largo di Tajoura, il 29 luglio, dove almeno 40 persone sono scomparse, e probabilmente sono morte. Questo è quello che l’Europa e l’Italia finanziano con milioni di euro.

Di queste morti l’Europa è responsabile.

RICOSTRUZIONE DEI NAUFRAGI[1]

PRIMO NAUFRAGIO

Sparano a 82 persone e la barca prende fuoco.
~ 45 morti – 17 agosto 2020

Un gommone bianco con 82 persone a bordo (Alarm Phone inizialmente ne ha segnalate 65) parte da Zuara nelle prime ore del mattino del 15 agosto.

Circa 12 ore dopo il loro motore si rompe e le persone in difficoltà provano a telefonare a diverse autorità e ad Alarm Phone (si veda il rapporto completo di Alarm Phone per maggiori dettagli).

Alle 16:48 contattano Alarm Phone e leggono la loro posizione GPS (33N252416, 12E38249), in acque internazionali, appena fuori dalle acque territoriali libiche.

Alle 17:40, dopo aver confermato la loro posizione GPS, abbiamo allertato la cosiddetta Guardia costiera libica.

Alle 18:23 abbiamo inviato la posizione GPS aggiornata (33°24’N, 12°11’E) a tutte le autorità via e-mail, e abbiamo cercato di raggiungere sia la cosiddetta Guardia costiera Libica sia le Forze Armate di Malta al telefono, ma nessuno ha risposto alle nostre chiamate. L’MRCC Roma si è limitata a dire che le posizioni GPS fornite non potevano essere corrette.

Solo alle 19:15 siamo riusciti a raggiungere di nuovo la cosiddetta Guardia Costiera Libica. L’ufficiale ha detto che avremmo dovuto informare anche le autorità tunisine, cosa che abbiamo fatto, ma le autorità tunisine si sono limitate a dire che avremmo dovuto richiamare lunedì perché fino a quell’ora non lavoravano.

Alle 20:24, un ufficiale libico ci ha detto di non poter confermare che si sarebbe svolta un’operazione di ricerca e soccorso, perché i motori delle loro motovedette avevano dei problemi e avevano altri due obiettivi.

Foto: Tweet di Alarm Phone 15 agosto

Alle 22:19, abbiamo cercato di raggiungere di nuovo al telefono la cosiddetta Guardia costiera libica, senza alcun risultato.

L’ultima volta che siamo riusciti a riconnetterci con le persone in distress è stato alle 22:25 del 15 agosto, quando la persona al telefono era in preda al panico e urlava, dicendo che stavano per morire e che avevano bisogno di aiuto immediato. Questo è stato il nostro ultimo contatto con le persone in difficoltà. Da allora, li abbiamo chiamati regolarmente, ma senza successo.

Testimonianze dei sopravvissuti

Solo pochi giorni dopo, mercoledì 19 agosto, siamo riusciti a scoprire che cosa fosse successo alle persone in distress, quando i sopravvissuti sono ritornati in Libia e alcuni di loro hanno contattato Alarm Phone per raccontare l’accaduto.

Foto: sopravvissuti al naufragio del 17 Agosto

Al telefono, tre sopravvissuti dell’incidente hanno fornito la seguente testimonianza:

Il nostro GPS era rotto, quindi non sapevamo esattamente dove ci trovavamo. Abbiamo semplicemente navigato senza sapere dove stavamo andando. Abbiamo visto un posto(?), ma era molto lontano da noi. Ma non sapevamo ancora dove fossero il nord e l’ovest – eravamo ancora disorientati. Il nostro motore si è fermato, ha poi ripreso a funzionare per circa 10 minuti e poi non ha più funzionato. Poi abbiamo guidato di nuovo, ma eravamo ancora disorientati.

Il giorno dopo, un aereo ci ha ripreso. Pensammo che fosse un tentativo di salvataggio.[…] Più tardi il motore si è fermato di nuovo. Poi ci siamo accorti di essere stati trascinati verso ovest dalla corrente. Tre tunisini ci hanno trovato, abbiamo detto loro che eravamo diretti in Italia o a Malta. Ci hanno informato che eravamo molto lontani dalla nostra destinazione. Volevamo tornare in Libia. I tre tunisini ci hanno aiutato a riparare il nostro motore e ad impostare il nostro GPS su Zuara.

Dopo un’ora abbiamo incontrato una barca. Sulla barca era scritto: Captain Salam 181. A bordo c’erano tre egiziani e due libici, con delle armi da fuoco. Ci hanno chiesto se avevamo un telefono Thuraya. L’accordo era che avrebbero preso il telefono e che ci avrebbero riportato a riva. Le onde erano molto alte. Eravamo d’accordo, volevamo solo tornare a riva. Così abbiamo dato loro il telefono. Ci hanno dato una corda, l’abbiamo tenuta e si sono diretti a riva per 4, 5 ore.

Poi si sono fermati e ci hanno detto di dar loro il dispositivo GPS. L’abbiamo fatto. Poi ci hanno chiesto i nostri telefoni, che abbiamo consegnato. Volevamo solo scendere a terra, perché non avevamo niente da mangiare o da bere. Ci hanno detto: “Avete anche dei dollari, dovete darci anche i soldi”. Eravamo vicini alla riva, così si sono girati e sono andati nella direzione opposta. Continuavano a dirci: “Se non ci date i soldi, morirete”. Abbiamo detto loro di fermarsi. Così hanno preso la corda e hanno sparato alla barca. La gente è annegata, c’era fuoco dappertutto, alcuni sono morti. Alcuni non sapevano nuotare“.

È arrivato un piccolo peschereccio, ci ha visto ed è venuto verso di noi. Era notte e le onde erano alte. È con noi fino al mattino [secondo la nostra ricostruzione questo era nelle prime ore del 17 agosto]. Quella notte sono morte 40 persone. 

43 persone sono sopravvissute[2], circa 10 di noi hanno riportato ustioni. Alcuni sono gravemente feriti e non possono più vedere. Uno ha una gamba rotta […]. Non posso crederci. Non posso credere a quello che ci è successo. La barca è affondata e c’era fuoco dappertutto! Non è venuto nessuno! Una nave avrebbe potuto salvarci! Ma non è venuto nessuno.

Grazie al pescatore[3] che ci ha salvati, siamo ancora vivi. Siamo stati salvati e messi in prigione. Alcuni sono stati liberati, altri saranno probabilmente rilasciati oggi o domani.

Voi, ONG, sappiate che la Libia non è un paese in cui vivere. Dobbiamo andarcene. È insopportabile quello che stiamo vivendo qui. Dovete fare qualcosa. Con urgenza! Gli europei si rendono la vita facile, lasciano annegare la gente e la portano in Libia, perché per loro è facile. Qui non possiamo fare nulla, non abbiamo prospettive. Lavori per un mese e poi qualcuno viene a prendersi i tuoi soldi. Purtroppo è così. Non è un paese. Abbiamo paura di non poter uscire per strada. Vi ringraziamo molto e speriamo di stare tutti bene.

 

SECONDO NAUFRAGIO

Lo scoppio di un tubolare e il silenzio delle autorità.
~ 30 dispersi – 18 agosto 2020

Martedì 18 agosto, alle 10:14, un’imbarcazione in difficoltà ha contattato Alarm Phone. Le circa 100 persone a bordo ci hanno detto di essere scappate da Zuara, in Libia, la notte precedente. Il loro motore funzionava ancora, ma molto lentamente. Mentre la persona al telefono leggeva la loro posizione GPS (33°23N, 12°12E alle 10:18) localizzando l’imbarcazione a 55 miglia nautiche al largo di Zuara, in acque internazionali, si sentiva il suono di un tubolare che scoppiava. Subito dopo si sono sentite urla fortissime e la persona al telefono spiegava che era scoppiato un tubolare del gommone. La chiamata si è poi interrotta.

Alarm Phone ha immediatamente informato tutte le autorità – la cosiddetta Guardia costiera libica, MRCC Roma, RCC Malta, Frontex e EuNavforMed – della barca in difficoltà con un tubolare di gomma esploso, prima via e-mail e poi per telefono.

Dopo questa drammatica chiamata di soccorso da parte delle circa 100 persone, Alarm Phone ha cercato di raggiungere nuovamente le persone per le successive 48 ore, ma invano: non siamo mai più riusciti a ricollegarci alla barca. Il telefono Thuraya di queste persone non ha più squillato.

Alle 10:49 Alarm Phone ha raggiunto la cosiddetta Guardia costiera libica via telefono per sollecitare l’invio immediato dei soccorsi.

Alle 11:04 Alarm Phone ha raggiunto di nuovo l’MRCC di Roma, che ha ripetuto che la Guardia costiera libica era l’autorità responsabile. Quando abbiamo provato di nuovo a chiamare la cosiddetta Guardia costiera libica per chiedere se avessero lanciato un’operazione di salvataggio, tutti i loro numeri di telefono risultavano irraggiungibili. Solo alle 14:01 siamo riusciti a contattarli ad uno dei loro numeri. Hanno informato Alarm Phone che non erano in grado di cercare la barca in difficoltà, a causa di problemi tecnici con le loro navi in mare.

Alle 14:30 abbiamo chiamato l’MRCC Roma e abbiamo chiesto di nuovo un intervento, ma ancora una volta hanno rifiutato di assumersi la responsabilità o di intraprendere qualsiasi azione.

Alle 15:27 abbiamo inviato un’altra e-mail a tutte le autorità, chiedendo loro di assumersi definitivamente la responsabilità e di agire.

Poiché la cd. Guardia costiera libica non era raggiungibile, alle 16:55 abbiamo chiesto all’MRCC Roma quali azioni stesse intraprendendo per assicurarsi che le persone in difficoltà venissero salvate, in quanto la cosiddetta Guardia costiera libica non era contattabile e non era in grado di lanciare un’operazione di salvataggio. L’ufficiale in servizio dell’MRCC ha declinato qualsiasi responsabilità e ha continuato a spiegare che non avrebbero fatto nulla senza una nuova posizione GPS – nonostante gli avessimo detto che la barca era irraggiungibile fin dalla chiamata iniziale.

Alle 17:55 l’aereo Frontex Eagle 1 sorvola l’area dell’ultima posizione conosciuta (33°23N, 12°12E).

Foto: Percorso dell’aereo Frontex Eagle 1 – 18 agosto

Più di 12 ore dopo, alle 23:20 il mercantile “Vos Aphrodite” si ferma per circa 30 minuti nella posizione del battello in difficoltà (33°23’N, 12°12’E) prima di partire, in direzione nord.

Foto: Percorso di Vos Aphrodite – 18 agosto

Testimonianze dei sopravvissuti

Il 21 agosto alcuni dei sopravvissuti hanno contattato Alarm Phone. Hanno confermato che stavano chiamando Alarm Phone quando il tubolare del gommone è scoppiato. Secondo loro 95 persone (altri riferiscono fino a 120 persone) – tra cui persone provenienti dalla Nigeria, dal Ghana e dall’Eritrea, e tra queste donne e bambini – sono partite da Zuara la notte del 17 agosto su un gommone bianco. Dopo che il tubolare si è sgonfiato la mattina del 18 agosto, alcune persone sono cadute in acqua e sono annegate. Altri sono morti mentre cercavano di raggiungere un peschereccio nelle vicinanze. Altri sono riusciti a tenersi aggrappati ai resti del gommone fino al giorno successivo, il 19 agosto, quando un pescatore ha salvato i sopravvissuti e li ha riportati in Libia.

Delle circa 100 persone a bordo, secondo le testimonianze, solo 65 sono sopravvissute al drammatico naufragio del 18 agosto. Nessuna autorità si è assunta la responsabilità di intervenire alle nostre richieste di soccorso, nonostante l’emergenza della situazione e le informazioni secondo le quali la cd. Guardia costiera libica non era in grado di avviare un’operazione di salvataggio. In conseguenza di ciò, da giorni, sono in corso i ritrovamenti di numerosi corpi.

 

ALTRI DUE NAUFRAGI TRA LA LIBIA E LA TUNISIA

33 persone disperse, 6 morti, un sopravvissuto.

Alarm Phone è stato contattato dal presunto unico superstite di un terzo naufragio. Sebbene la sua imbarcazione non sia stata in contatto con Alarm Phone mentre erano in pericolo in mare, ha riferito di essere una delle 40 persone di vari Paesi africani (tra cui tunisini, egiziani, gambiani e guineani), fuggite dalla Libia su una barca di legno blu alle 01:00 della notte del 15 agosto.

La barca era in cattive condizioni fin dall’inizio e la situazione è precipitata dopo circa 4 ore di viaggio: era mattina presto, alle 5:00, quando si è trovata in difficoltà al largo della Tunisia. Il sopravvissuto è riuscito ad aggrapparsi a una tanica di benzina che lo ha tenuto in vita per le 10 ore successive. Nel tardo pomeriggio, un peschereccio lo ha avvistato, lo ha salvato e lo ha portato indietro a riva a Dschansur, a ovest di Tripoli, in Libia. Ha subito molte ustioni a causa di una miscela di benzina e acqua di mare.

Tre corpi che sono stati trovati a riva, vicino a Zarzis, sembrano correlate a questa tragedia, e altre tre persone sono confermate morte.

Trentatré persone sono ancora disperse, tra cui donne e bambini e il fratello del sopravvissuto.

Un quarto naufragio è stato segnalato al largo della Tunisia. Diciotto persone di Ben Guerden hanno lasciato Jdareya, tre sono annegate e 15 sono state salvate da pescatori tunisini dopo che il loro motore ha smesso di funzionare vicino alla Tunisia. Le persone sono partite martedì 18 agosto e sono state soccorse il giorno seguente.

 

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[1] Questo rapporto è il risultato delle testimonianze dei sopravvissuti ai naufragi che ci hanno contattato dopo aver raggiunto la Libia. Mancano alcune informazioni. Cerchiamo di seguire ogni naufragio con i sopravvissuti e le persone informate degli eventi per avere un quadro più chiaro di ogni evento.

[2] Questi numeri non corrispondono perfettamente a quelli indicati dall’OIM, che riporta 37 sopravvissuti.

[3] Secondo la giornalista Nancy Porsia, un agente di polizia che ha passato la notte a pescare sul molo al largo di Abu Kammash, ha sentito le urla che provenivano dal mare. Non essendoci barche della cosiddetta Guardia costiera libica, il poliziotto ha preso un peschereccio ed è uscito a salvare i migranti. Secondo questa ricostruzione, hanno prima salvato circa 35 persone, e poi sono tornati indietro e hanno salvato altre 26 persone. Si tratta di 61 persone salvate, un numero superiore a quello dei 35 sopravvissuti segnalati. Poiché le testimonianze sono contrastanti, non è ancora chiaro se i soccorsi siano appartenuti a uno o due diversi naufragi avvenuti nello stesso giorno.

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