30 persone muoiono, a causa della non-assistenza da parte delle autorità italiane

Source: Alarm Phone

Nella notte tra il 10 e l’11 marzo, Alarm Phone veniva allertata da 47 persone su un’imbarcazione in pericolo, che cercavano di fuggire dalle condizioni disumane in Libia. Ci avevano comunicato la loro posizione GPS (N 33°56, E018°28), che avevamo trasmesso alle autorità italiane, maltesi e libiche alle ore 2:28 dell’11 marzo. La situazione era critica. La barca era alla deriva. Le condizioni meteorologiche erano estremamente pericolose. Le persone a bordo urlavano al telefono, dicendoci di avere bisogno di aiuto.

Abbiamo informato dunque, ripetutamente, sia via e-mail che per telefono, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (MRCC) italiano di questa situazione. Abbiamo inviato le posizioni GPS, segnalato il deterioramento delle condizioni, delle persone e dell’imbarcazione, chiedendo più volte che venisse lanciata immediatamente un’operazione di soccorso. Poco dopo il primo SOS, alle ore 3:01, abbiamo chiesto al MRCC di Roma di ordinare alla nave mercantile AMAX AVENUE, che si trovava nelle vicinanze, di intervenire. Eppure, nonostante la vicinanza, la nave ha proseguito oltre il luogo dove si trovava l’imbarcazione, senza fermarsi. Se il MRCC di Roma glielo avesse ordinato, sarebbe potuta intervenire.

Nelle ore successive abbiamo informato l’opinione pubblica, attraverso diversi tweet riguardo il peggioramento della situazione: https://twitter.com/alarm_phone/status/1634446086721945602.

Nove ore dopo il primo SOS, l’assetto aereo Seabird 2 di Sea-Watch ha avvistato dal cielo l’imbarcazione in difficoltà, informando anche le autorità sulla situazione di imminente pericolo.

Tuttavia, solo dopo diverse ore, navi mercantili – non mezzi italiani o facenti capo all’operazione IRINI – raggiungevano il luogo ove si trovava l’imbarcazione in pericolo. Questo ritardo, uno dei tanti ritardi sistematici che Alarm Phone ha documentato nel corso degli anni, si è rivelato letale. Per molte ore, le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione senza intervenire. Evidentemente, le autorità italiane stavano cercando di evitare che le persone venissero portate in Italia, ritardando l’intervento in modo che la cosiddetta guardia costiera libica arrivasse e riportasse con la forza le persone in Libia, nelle condizioni di tortura da cui avevano cercato di fuggire.

Nelle prime telefonate, le cosiddette autorità libiche avevano informato Alarm Phone che avrebbero potuto inviare un’imbarcazione sul posto. In seguito, hanno dichiarato di non essere disponibili a intervenire, a causa della mancanza di mezzi. Hanno aggiunto, poi, che a coordinare quell’evento di ricerca e soccorso (SAR) era l’Italia. Eppure, sono proprio queste le “guardie costiere” che l’Italia e l’Unione Europea indicano come autorità competenti nella cosiddetta zona SAR libica.

L’ultima comunicazione con le persone a bordo è avvenuta alle ore 06:50 del 12 marzo. Erano esauste e disperate, gridavano e chiedevano aiuto. Subito dopo quella telefonata, abbiamo inviato la loro posizione GPS alle autorità, chiedendo loro di intervenire con urgenza. Alle ore 07:20, le persone a bordo ci hanno chiamato un’ultima volta, ma non si sentiva nulla.

Dopo il nostro ultimo contatto, la barca si è capovolta. Solo 17 persone sono sopravvissute, soccorse dalla nave mercantile FROLAND, mentre altre 30 hanno perso la vita. Le persone sopravvissute, che hanno visto i loro amici morire al loro fianco, devono essere portate in un luogo sicuro in Europa.

Vogliamo chiedere:

Perché, data l’urgenza della situazione, le autorità italiane non hanno inviato immediatamente sul luogo dell’emergenza mezzi di soccorso adeguati?

Perché hanno esitato a dirigere le navi mercantili vicine verso l’imbarcazione in pericolo, nonostante fossero a conoscenza della situazione e delle condizioni critiche?

Dov’erano gli assetti dell’operazione navale IRINI dell’UE e, se disponibili, perché non sono intervenuti?

Perché le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione e non hanno cercato di soccorrere le 47 persone, prima che l’imbarcazione si capovolgesse?

Perché le cosiddette guardie costiere libiche non erano disponibili a intervenire? Perché, pur sapendo che le autorità libiche non potevano intervenire, le autorità italiane continuano a indicarle come autorità responsabili?

Perché le ONG di soccorso sono bloccate nei porti italiani?

Perché, dopo il naufragio letale di Crotone, che si somma a innumerevoli morti e scomparse avvenute nel Mediterraneo negli ultimi anni, l’UE continua a militarizzare i suoi confini, a scoraggiare le persone in movimento e a lasciarne annegare migliaia?

Le frontiere europee continuano a uccidere! Libertà di movimento per tutte e tutti!